Eravamo morti per il peccato

Il Mercoledì delle Ceneri segna l’inizio della Quaresima. “Eravamo morti per il peccato” (cfr Ef 2, 5): così san Paolo descrive la situazione dell’uomo senza Cristo. Ecco perché il Figlio di Dio ha voluto unirsi alla natura umana riscattandola dalla schiavitù del peccato e della morte.

E’ una schiavitù che l’uomo sperimenta quotidianamente, avvertendone le radici profonde nel suo stesso cuore (cfr Mt 7,11). L’umanità è segnata dal peccato. Di fronte all’oscurità del peccato ed all’impossibilità per l’uomo di liberarsi da solo, appare in tutto il suo splendore l’opera salvifica di Cristo: “Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia” (Rm 3, 25).

Cristo è l’Agnello che ha preso su di sé il peccato del mondo (cfr Gv 1, 29). Egli ha condiviso l’umana esistenza “fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8), per riscattare l’uomo dalla schiavitù del male e reintegrarlo nella sua originaria dignità di figlio di Dio. Ecco il mistero pasquale nel quale siamo rinati!

A chi crede viene data la vita stessa di Dio, mediante l’azione dello Spirito Santo, “primo dono ai credenti”. La redenzione realizzata sulla croce rinnova così l’universo ed attua la riconciliazione tra Dio e l’uomo e degli uomini tra loro.

Se il tema dell’Avvento è stato quello dell’attesa, se il tempo di Natale è stato l’annuncio della salvezza che è venuta e ha iniziato a manifestarsi, la liturgia della Quaresima è l’affermarsi di questa salvezza avvenuta: è infatti Gesù Cristo la Parola che sta in capo alla meditazione quaresimale.

Il tempo di Quaresima deve diventare per ciascuno di noi un momento prezioso per sperimentare la forza rinnovatrice dell’amore di Dio che perdona e riconcilia: all’uomo stanco di mediocrità è offerta la possibilità di intraprendere la via di una vita in pienezza.

Il primo cambiamento che la Quaresima ci chiede è che la nostra vita sia una vita di fede; la maturità della nostra persona è l’adesione che diamo al Gesù della Quaresima. All’inizio di questo nuovo cammino anche a noi viene quasi spontaneo porci la stessa domanda rivolta a Pietro a Gerusalemme, subito dopo il discorso di Pentecoste: “Che cosa dobbiamo fare?”. A questa domanda risponde San Giovanni Paolo II: “non un formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi”. Il programma pastorale è quello di sempre consegnatoci dai Vangeli e dalla Tradizione: conoscere, amare, imitare Cristo per vivere in lui la vita trinitaria e trasformare con lui la storia.

“Convertitevi e credete al Vangelo” sono le parole di Gesù all’inizio del suo ministero pubblico e sono le stesse che ogni anno la Madre Chiesa ci ripete all’inizio della Quaresima durante il rito di imposizione delle Ceneri. Queste poche parole riassumono tutto l’impegno che ci è chiesto, non si tratta di un comando fastidioso ma di un messaggio di libertà. Il Vangelo cui credere è Gesù Cristo.

Convertirsi vuol dire seguire Gesù, andare con lui, sul suo cammino. Ma insisterei sul fatto che è Dio che ci converte. La conversione non è una autorealizzazione dell’uomo e l’uomo non è l’architetto della propria vita. La conversione consiste proprio in questa decisione dell’uomo che cessa di essere il suo proprio creatore e accetta la sua dipendenza dal suo vero Creatore.

Scriveva il card. Ratzinger che “la conversione esige che giorno per giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede, l’amore diventino più importanti della nostra vita biologica, del benessere, del successo, del prestigio e della tranquillità della nostra vita”. Accettando questa priorità della verità seguiamo il Signore.

Inutile fare giri di parole: occorre pregare di più. Pregare di più significa aumentare il tempo dato a Dio. Chiaro che abbiamo tante cose da fare, ma se si decide di dare più tempo a Dio nella preghiera, ci si riesce. Chi va a Messa soltanto alla domenica può decidere di andare a Messa anche in un giorno feriale. Si può decidere di pregare una corona del Rosario tutti i giorni, oppure di partecipare all’Adorazione Eucaristica o fare la Via Crucis tutti i venerdì, oppure di stare un quarto d’ora al giorno in preghiera in un luogo appartato.

Può sembrare strano puntare sulla quantità della preghiera più che sulla qualità, ma alla fine ci si accorge che noi abbiamo un potere più sulla quantità che sulla qualità, perché quest’ultima dipende più che altro dallo Spirito Santo. La quantità invece dipende da noi e dalla nostra volontà. Mettendoci la quantità noi diamo la nostra disponibilità a Dio perché possa lavorare in noi. I grandi santi in genere sono tutte persone che pregavano molto.

 

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